I fratelli in mezzo all'oceano familiare

La relazione tra i fratelli: quanto è importante e quanto influisce nello sviluppo del singolo?

I fratelli, all’interno del sistema familiare, funzionano come un sottosistema dove cominciano ad allenarsi sulle capacità di socializzazione, di gestione dei conflitti e sperimentazione delle dinamiche di gruppo; questo mi fa pensare al “ginnasio” , luogo in cui nell’antica Grecia i giovani  si esercitavano nei giochi atletici e ricevevano un’educazione spirituale, ma rappresentava anche un luogo di incontro (i famosi  “ragazzi del muretto”) dove si ritrovavano per partecipare a feste e banchetti.

Secondo S. Minuchin (1976), lo scambio è bidirezionale: inizialmente i bambini riportano nel contesto sociale le regole che hanno appreso nella relazione tra fratelli, successivamente, avendo appreso modalità relazionali alternative, le riutilizzano all’interno della fratria, arricchendola di nuovi pattern relazionali.

I fratelli si sostengono e si confrontano, si alleano e si accudiscono, imparano l’uno dall’altro ma possono anche entrare in forte competizione e conflitto, provare sentimenti di rancore e gelosia.

La relazione fra fratelli ha anche la funzione di mantenere un chiaro confine con il sottosistema genitoriale, questo preserva i figli dall’ingerenza dei genitori e consente loro di sviluppare maggiormente l’autonomia.

Anche l’autostima legata alla percezione delle proprie capacità relazionali trae beneficio da una relazione tra fratelli positiva: i fratelli prendono l’uno dall’altro gli obiettivi sociali, le risorse interpersonali e le strategie di adattamento.

Al contrario, una relazione negativa può essere associata a scarse competenze prosociali, difficoltà nella gestione dei conflitti e comportamenti aggressivi verso i pari.

Secondo il meccanismo per cui i fratelli “esportano” le loro competenze sociali all’esterno, se la relazione non è positiva, trasferiranno nelle relazioni con i pari strategie di gestione del conflitto distruttive e disfunzionali.

Il legame che si instaura tra fratelli, dipende, in larga misura, dalla loro differenza di età: vengono definiti ad alto accesso, i fratelli di età simili, mentre sono definiti a basso accesso quei fratelli separati da una grande differenza di età (8-10 anni).

Quando la differenza di età è elevata, i fratelli sperimentano vissuti diversi anche all’interno della famiglia stessa: li possiamo considerare “figli di genitori diversi” perché varia l’età del genitore, di conseguenza il modo di essere genitori e, inoltre, i fratelli condividono poco, a partire dalle scuole e dagli amici; manca una storia familiare condivisa ed è come se fossero membri di due generazioni differenti.

I fratelli ad alto accesso, invece, stabiliscono fin da subito un forte legame affettivo, condividono scuole e amici, hanno gli stessi genitori e li sperimentano più o meno nello stesso momento del ciclo vitale.

Tra fratelli ad alto accesso, oltre che all’intenso legame emotivo, si sviluppa anche una profonda lealtà che può essere a senso unico o reciproca: in questo secondo caso, i fratelli, sviluppano un loro linguaggio, un codice, che li protegge e li distingue.

I fratelli rappresentano le “radici orizzontali”, sono presenti per quasi tutto l’arco del ciclo vitale del soggetto, a differenza dei genitori che ad un certo punto ci lasciano.

I fratelli ci resteranno accanto per gran parte della nostra vita e diventeranno, quando i genitori non ci saranno più, il nostro ancoraggio con la famiglia d’origine, con una storia comune.

Nella pratica terapeutica, si lavora con il sottosistema dei fratelli quando la coppia genitoriale risulta carente dal punto di vista delle risorse e quando il “paziente designato” è uno dei fratelli: questo ci permette di evitare lo stigma derivante dell’etichetta di “matto” o di “malato”, ci consente di prevenire la migrazione del sintomo da un fratello all’altro e, soprattutto,  di far leva sulle risorse dei figli per attivare le risorse nei genitori.

Inoltre, lavorare con il sottosistema dei fratelli, ci consente di arrivare ad una ristrutturazione della visione familiare attraverso il punto di vista dell’altro: non di rado, infatti, capita che uno dei due possa dire “a questo non avevo mai pensato, non l’avevo visto”, la rilettura della storia familiare nel sottosistema dei fratelli, apre la via per il cambiamento.

A volte può sembrare che i fratelli abbiano vissuto in due famiglie differenti e noi possiamo utilizzare queste diversità per modificare il pensiero e la visione della propria identità del paziente.

A partire da questa ristrutturazione della storia familiare è possibile far ripartire il ciclo vitale della famiglia, tale movimento risulta essere indispensabile se si vuole arrivare ad un cambiamento di tipo terapeutico e che la famiglia potrà utilizzare in modo evolutivo.

Presupposto indispensabile per poter lavorare in modo efficace con i fratelli è l’instaurarsi, tra loro, di un legame affettivo, di un sentimento di lealtà e di una fiducia reciproci.

I genitori hanno grandi aspettative sui figli, individuali e familiari, e possono condizionare pesantemente le funzioni che ogni figlio svolgerà all’interno della famiglia.

Cosi, come una funzione positiva può trovare il suo rinforzo nella risposta genitoriale fino a consolidarsi come identità del soggetto, altrettanto vale per un’assegnazione funzionale di tipo negativo: se uno dei figli viene definito sempre con caratteristiche negative, ad esempio il cattivo, senza che questo ruolo possa essere modificato, si preparerà un terreno fertile per l’attecchire di un sintomo.

 

 

Bibliografia:

  • De Bernart R., “L’importanza di essere fratelli”, in Terapia Familiare n° 38, marzo 1992
  • Minuchin S., “Famiglie e terapia della famiglia”, 1976, Ed. Astrolabio

 

 

A.S.